Recensione Cinderella - Long Cold Winter

Mentre Tom Keifer, carismatico leader degli statunitensi "Cinderella" è alle prese con le ultime due date U.S.A del suo: "Sonic Slam Tour" con la Keifer Band, previste in per il 9 (Milwaukee, WI) e 10 Settembre (Hinckley, MN); ci accingiamo a recensire uno dei più belli album in studio mai registrati nella storia della musica hair metal: "Long Cold Winter" (1988). 

Un disco dichiarato di platino per ben 3 volte e, a mio modesto parere, un must-have nella collezione di qualsiasi amante della musica (a prescindere dai generi preferiti).

La perfezione si evidenzia fin dalla copertina, che è essenziale a dimostrazione di come il più delle volte less-is-more: uno spesso cartoncino bianco su cui spiccano l'elegante logo (pare realizzato dalla prima moglie di Keifer, Emily Pember) e il titolo, vestiti "solo" di viola. 

Questa espressione mi fa sorridere, in quanto si dice che i fondatori della band Tom Keifer (cantante e polistrumentista) ed Eric Brittingham (bassista) abbiano battezzato la band prendendo spunto da un film pornografico.


Rispetto all' album di debutto "Night Song"(1986), è evidente come in "Long Cold Winter" i Cinderella facciano un ulteriore passo in avanti nella definizione di quello che sarà il loro stile musicale ed artistico successivo. Tutto in questo secondo album è perfettamente bilanciato, non una nota in più del dovuto. Questa miscela di sonorità hard rock e blues (tra le influenze spiccano Muddy Waters, B.B King, Steve Marriott degli Humble Pie...) si fondono in un connubio perfetto, come in un gelato variegato all' amarena. Le intenzioni vengono palesate sin dalla prima traccia: "Bad Seamstress Blues / Fallin' Apart at the Seams", dove l'armonica a bocca è ciò che si può semplicemente definire la ciliegina succosa sopra al cono. Insieme a questo irresistibile riff di chitarra avvolgente, così southern rock, ci sentiamo trascinare in un locale di New Orleans, in cui un Tom Keifer, vestito con camicia bianca aperta sul davanti, jeans strappati, camperos e cappotto nero lungo fino a terra, intona una canzone triste: "My heart's like a wheel / and my head's just a stone / I got my memories / ain't got no home / I'm fallin'". Semplicemente irresistibile. 

Ci stiamo sciogliendo (e con noi il gelato), ma Keifer lo sa, e per evitare di farci rimanere invischiati in una dolce melassa, passa ad una seconda traccia: "Gypsy Road" (primo singolo estratto), dove il suono "kickass" e molto glam in voga in quegli anni, emerge in tutto il suo splendore accecante fatto di lustrini e glitter. Il riff di chitarra e la voce bruciata trovano sfogo in un interessante connubio: se prima avevamo il gelato con la variegatura e la ciliegina, ora ci troviamo anche un po' di nocciole sbriciolate sopra, a mettere quella punta in più di croccantezza al nostro dessert. "You don't know what you got (Till it's gone)" è semplicemente sublime, una delle più splendide ballad della musica rock. L'accompagnamento di pianoforte a cui si affianca la voce di Keifer: "don't know what you got / till it's gone" appare una dichiarazione straziante che ti colpisce come una freccia al cuore. E' impossibile ascoltarla senza farsi scendere una lacrima. 

In "If you don't like it" e "The Last Mile" (secondo singolo), emerge tutta l'originalità della band, riuscendo a rendere insoliti due pezzi che suonano ancora oggi veramente 80s. Particolare è anche l'attenzione per la ritmica, con un Brittingham al basso, molto presente e reattivo. Mentre "Fire and ice" "Second Wind" , "Take me back" ripristinano sonorità tipiche ad altri contemporanei (Europe, Whitesnake, Def Leppard...) e meglio evidenziano il duro lavoro del batterista, Fred Coury. Ma è sicuramente "Long Cold Winter" stessa a glorificare questo inverno freddo e rigido, come uno degli album più belli mai realizzati. La neve viene riscaldata dalla voce baritonale di Keifer: 5 minuti e 24 secondi di intensa seduzione, per una ballad ispirata ad un brano d'eccezione: "Since I've Been Loving You" dei Led Zeppelin (1970), in "Led Zeppelin III", giusto per darvi un' idea. 

"Coming Home" (terzo singolo) è "solo" l'altro successo planetario, complice una melodica sognante in cui troviamo la chitarra solista di Jeff LaBar a fare da filler. E' armonica e vivace e assieme alla voce (resa più nasale) e il basso a dare quella profondità necessaria a conferire spessore, sicuramente ricca di differenti sonorità che la rendono "stratificata" come una torta su più livelli. Interessantissima da riascoltare ogni volta, per poter godere di differenti percezioni. 

Un song-writer d'eccezione, Keifer, in grado di "poetizzare" il proprio mondo in un modo malinconico e schivo, certo... ma totalmente personale, differenziandosi da cantautori della risma di "Bob Dylan" o "Eric Clapton" e per questo venendo ampiamente sottovalutato, ma rimanendo sicuramente in grado di affascinare con le proprie avventure "su strada", al pari di poeti beat come Jack Kerouac. 

Come già ribadito una manciata di righe sopra, un album decisamente da possedere, sentire più volte e di cui innamorarsi perdutamente, dalla prima all' ultima nota.


TRACKLIST:

  1. Bad Seamstress Blues / Fallin' Apart at the Seams – 5:20

  2. Gypsy Road – 3:56

  3. Don't Know What You Got (Till It's Gone) – 5:54

  4. The Last Mile – 3:52

  5. Second Wind – 3:59

  6. Long Cold Winter – 5:24

  7. If You Don't Like It – 4:11

  8. Coming Home – 4:57

  9. Fire and Ice – 3:22

  10. Take Me Back – 3:18


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Commenti

  1. Condivido ogni parola spesa per questo album. Heartbreak station è pure bellissimo e molto "western".
    Di hair metal questi rockers avevano solo i capelli e l'epoca in cui erano in vetta alle classifiche americane.

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